SIENA – L’intesa, la stima, l’empatia fra due grandi personaggi del Novecento, uno scultore, pittore, musicista e aforista, l’altro scrittore, paroliere e intellettuale, diventa una mostra al Santa Maria della Scala.

‘Fausto Melotti. In leggerezza. Un omaggio a Italo Calvino’ ripercorre gli intrecci artistici dai loro primi contatti, iniziati nella seconda metà degli anni Sessanta. Un periodo interessante per Melotti che, dopo un lungo allontanamento dal mondo dell’arte, rientrò sulla scena nazionale ed internazionale sostenuto del successo che, nel 1966, gli tributò La Biennale di Venezia. Negli anni, Calvino ha raccontato l’artista sottolineando la sua personalità aerea: imprime grazia e poesia nella sua arte, caratterizzata da quelli che definiva ‘I segni alti’ (Lo spazio inquieto, Einaudi, 1971).

Il percorso espositivo al settimo livello del Santa Maria racconta l’amicizia tra i due artisti attraverso sculture e opere astratte. La mostra, voluta da Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala e Fondazione Fausto Melotti, a cura di Michelina Eremita, indaga e valorizza il legame profondo tra due artisti, due amici, due menti affini. L’allestimento, progetto di Sandro Bagnoli con Margherita Terrosi, esalta il rapporto, approfondendo le loro collaborazioni. Consente un excursus su uno dei principali artisti italiani, un protagonista dell’arte astratta. Coincidenza non causale, il progetto si sviluppa nell’anno in cui si ricorda il secolo dalla nascita di Calvino.

Ciò che li accomuna sono ‘la leggerezza’, ‘la rapidità’, ‘l’esattezza’, ‘la visibilità’ e ‘la molteplicità’ che, parole e concetti definiti da Calvino ne ‘Le Lezioni americane’, descrivono il lavoro di Melotti. Ambedue dotati della capacità di vivere lo spazio dell’ineffabile con una tale dimestichezza da renderlo, con un’acrobazia da funambolo, domestico e intellegibile.

Dopo la morte di entrambi, Calvino nel 1985 e Melotti nel 1986, la casa editrice Mondadori, dagli inizi degli anni Duemila e per oltre venti anni, ha scelto le opere di Melotti per le copertine dei libri di Calvino, nella collana degli Oscar, facendole diventare l’immagine che associamo a queste creazioni.

Il percorso espositivoè diviso in quattro sezioni. La prima sala è di prolusione: emerge il rapporto tra lo scrittore e lo scultore, proponendo una panoramica dei libri di Calvino con le opere di Melotti in copertina; in mostra, ‘Le scale’,1975, e ‘Gli Effimeri’, 1981, che plasticamente palesano le parole scritte da Calvino per l’artista. Non è documentata una loro corrispondenza, ma i pensieri di Calvino sono stati pubblicati in più occasioni.

La seconda sala, con ‘I Dioscuri’, 1969, introduce il mito, tematica cara a Fausto Melotti. Conduce verso la terza sezione dove sono esposte le opere realizzate dal 1935 al 1985, permettendo una visione completa del suo lavoro. Si ricostruisce il percorso dell’artista attraverso venti sculture, alcune opere su carta e disegni. Un approfondimento è dedicato agli alfabeti, elementi fondanti della scrittura, di nuovo esposti dopo molti anni. Con efficacia riportano sulla carta i tratti distintivi dell’artista, permettendo allo sguardo del visitatore di osservare esiti formali più analitici o, al contrario, più sintetici. Il segno tracciato nello spazio del foglio è identico a quello dell’opera scultorea che nell’aria trova la sua dimensione. Per ogni formula espressiva, la regola compositiva è data dall’armonia creata dal ritmo impresso tra il pieno e il vuoto. E così ritornano le parole di Italo Calvino: ‘L’importante è non aspettarsi di raggiungere un al di là ma un al di qua’ (‘I segni alti’); uno spazio in cui le prospettive si azzerano per far convivere gioiosamente le assenze con le presenze.

Si aggiungono al percorso cinque opere su carta dedicate a Lucio Fontana: una parentesi importante perché Melotti stabilì con l’artista un rapporto di amicizia e stima per quanto la vita lo consentì.

La mostra si conclude con i linguaggi che Fausto Melotti coltivò, parallelamente alla scultura: la musica e la scrittura. Della sua esperienza in conservatorio restano degli spartiti. Il rapporto tra musica e scultura è intimo. Rivelatori ed eloquenti sono alcuni disegni che traccia sul pentagramma da cui poi si eleveranno le sculture. Oltre la musica, la scrittura cioè poesia, aforismi e saggistica, costituì un esercizio di pensiero. Questo spiega la presentazione dei quaderni Linee (I, II) dei suoi aforismi.

Epilogo, altra testimonianza del rapporto fra Calvino e Melotti, l’acquaforte realizzata per ‘La canzone del polistirene’: accompagnava la traduzione in lingua italiana di Calvino nel 1985 de ‘Le Chant du styrène’, di Raymond Queneau (Le Havre 1903 – Parigi 1976). Fino al 7 aprile (www.santamariadellascala.com).

 

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