Il presidente di Banca Mps, Alessandro Profumo«Se arriva uno straniero con un assegno in bocca lo valutiamo» ma «ad oggi non mi sembra ci sia tutta questa coda». Lo ha affermato il presidente di Mps Alessandro Profumo al 120esimo consiglio nazionale Fabi secondo cui sulla nazionalità il tema «non è se parli francese o meno ma» in termini generali «se ha già del business in Italia» ha «sinergie potenziali maggiori e quindi può pagare di più». Il nostro «cda, nel caso, deciderà su 3 elementi: le nostre persone, le comunità in cui siamo inseriti e gli azionisti».

9 mesi per partorire l’aumento di capitale «Noi dobbiamo fare un aumento subito dopo l’approvazione della Bce al capital plan e in parallelo lavoriamo sulle ipotesi di assetto strategico di lungo termine». E’ quanto ha aggiunto Profumo sull’aumento di capitale fino a 2,5 miliardi della banca senese. «Abbiamo 9 mesi di tempo per farlo – ha detto – è chiaro che non lo faremo all’ultimo». Il presidente ha ricordato comunque come «in sede di aumento di capitale è difficile» che arrivi un istituto di credito perchè verrebbe penalizzato dalle norme sul patrimonio. «Se una banca lo fa – ha aggiunto – lo fa per acquisire il 100% del capitale oppure per fondersi con noi».

Nessuno in vista «Non c’è nessuno in vista, solo processi su cui lavoriamo con intensità e in riservatezza» ha anche risposto Profumo in un’intervista a Class Cnbc a margine del convegno Fabi, a chi gli chiedeva del possibile arrivo di nuovi soci strategici della banca o di aggregazioni.

Dallo sportello al vertice, ma la platea rumoreggia «Io sono stato allo sportello per dieci anni» lavorando anche «su pile di cambiali». «Ho fatto carriera». Ha detto poi il presidente di Mps ora impegnato nella trattativa sul rinnovo del contratto come presidente del Calsi dell’Abi, rivendicando così ancora una volta le sue origini da “bancario” davanti alla platea del 120esimo consiglio nazionale della Fabi. Platea che però ha apprezzato poco e rumoreggiato. Profumo parlava peraltro a una tavola rotonda dove si affrontava anche il tema delle remunerazioni dei grandi manager e le posizioni contrapposte fra le parti sul costo del lavoro nell’ambito delle trattative sul rinnovo del contratto. Il sindacato Fabi chiede infatti, fra le altre misure, un «taglio del 30% delle remunerazioni dei manager». Una misura che il presidente di Mps rigetta e evidenzia i rischi di populismo e della difficoltà ad attrarre talenti nel comparto bancario ma anche nella Pubblica Amministrazione. «In ogni caso nel gruppo che presiedo», ricorda Profumo, i manager hanno subito forti tagli e anche in Unicredit «chi è venuto dopo di me guadagna molto meno».

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