SIENA – La stagione Micat in Vertice dell’Accademia Musicale Chigiana, direzione artistica Nicola Sani, festeggia il Carnevale con ‘Le Veglie di Siena’ venerdì 9 febbraio al Teatro dei Rozzi.

Lo spettacolo, liberamente tratto dall’omonima opera di Orazio Vecchi, uno dei più importanti compositori del secondo Cinquecento, è una libera speculazione sul processo creativo che si libera dalla mente dell’artista.

Sulla scena l’Ensemble Odhecaton, musicisti, cantanti e una giovane serva; tutti personaggi immaginari che popolano la mente del compositore il quale, dialogando con loro, saprà trovare le giuste idee per scrivere lo spettacolo. In scena, Alessandro Carmignani e Stefano Guadagnini, canti; Gianluigi Ghiringhelli, alto; Vincenzo Di Donato e Massimo Lombardi, tenori; Marcello Vargetto, basso; dirige l’Ensemble Odhecaton Paolo da Col; nel cast, Enrico Bonavera, attore.
Orazio Vecchi è noto soprattutto per aver inaugurato la ‘comedia harmonica, il madrigale dialogico: un genere in cui la tradizionale composizione polifonica assume nuovo carattere narrativo e rappresentativo.

Nel 1604 Vecchi pubblica l’ultima sua opera, ‘Le veglie di Siena’: un arioso e felice affresco musicale che sviluppa il nuovo stile iniziato dall’Amfiparnaso. Tipica raccolta di brani concatenati da un comune intento didascalico, quello della descrizione dei ‘vari umori della musica moderna’, cui si fa riferimento nel titolo, ‘Le Veglie di Siena’ rappresentano in modo esemplare e con intento quasi didascalico uno degli ultimi orgogliosi guizzi dello stile polifonico. Combattuto con armi e mezzi impari dalla nuova scrittura monodica del recitar cantando, riesce tuttavia a conquistarsi uno spazio vitale di assoluto interesse nella cultura e nella pratica musicale del tardo Rinascimento.

L’ambientazione delle Veglie è costituita da tre riunioni della gloriosa Accademia degli Intronati di Siena, che permettono di dar corpo sonoro ad arguti testi dialogici, probabilmente scritti dallo stesso Vecchi.

Nella prefazione all’opera, a cui si ispirano i dialoghi, Vecchi si disserta di cosa sia la ‘Musica moderna’ e di come questa debba, per piacere ai molti, unire diversi stili compositivi. Spiega di aver inteso «unire il piacevole col grave; che pur sono correlativi insieme, come padre e figlio», per aggiungere «Come meglio potrà il musico giovare che col grave, e dilettare che col ridicolo?».

Trae un bilancio della sua seconda stagione creativa: «dunque non paia meraviglia s’io vado hor con le Selve, hor co’i Conviti, hor con le Comedie, et ultimamente con le Veglie di Siena adhescando gli altrui gusti con l’hamo della varietà, et con la rete dell’inventioni; schifando di non darmi tutto ad una forma sola, con la qual senza dubbio potrei piacere à pochi».

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