Giordana Giordini, presidente della sezione orafi di Confindustria Toscana Sud
Giordana Giordini, presidente della sezione orafi di Confindustria Toscana Sud
Giordana Giordini, presidente della sezione orafi di Confindustria Toscana Sud

Apre i battenti oggi, dall’altra parte del mondo, la Hong Kong Jewellery & Gem Fair, la più importante fiera asiatica dedicata alla gioielleria, giunta alla sua 32esima edizione, con 3.694 espositori da 49 Paesi. La Thailandia, con 388 espositori, occupa il padiglione più grande mentre l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di stand: ben 235. Tra questi non può mancare una rappresentanza dell’industria orafa aretina. A fare un bilancio della situazione del settore e delle prospettive è Giordana Giordini, presidente della sezione orafi di Confindustria Toscana Sud.

Arezzo città dell’oro: come è cambiato l’indotto orafo aretino con la crisi?

«I dati dell’export del 2015 non sono certo confortanti. Dobbiamo ancora riscattarci da questa crisi globale, ma tutte queste difficoltà ci hanno anche rafforzato. Arezzo e il suo indotto orafo si sono radicalmente trasformate. Negli anni purtroppo molte aziende, troppe, non ce l’hanno fatta, ma tante hanno resistito e sono riuscite ad evolversi per stare al passo con i tempi. La crisi ci ha spronato a migliorare e a fare ricerca, fino a compiere una radicale conversione: dalla città del catename, siamo diventati la città della gioielleria».

L’oro Made in Italy e la crisi globale: i dati dell’export per il 2015 sono preoccupanti, quali saranno gli sviluppi futuri?

«Per il 2015 il trend non può definirsi positivo e temo che chiuderemo l’anno senza grandi balzi avanti. Dopo un -15% del primo trimestre del 2015, e un -27% negli Emirati Arabi, dovremo impegnarci ancora di più affinché il 2016 sia un anno positivo. I mercati internazionali sono altalenanti e in alcuni casi bloccati. Il mercato di Dubai e della Libia, quello del Nord Africa sono come congelati, e non dipende certo da noi, dal nostro prodotto, ma dalla situazione politica di questi Paesi. Non ci resta che aspettare. Fenomeni di questo tipo non sono nuovi nel nostro settore. Fermate e ripartenze accadono ciclicamente. Sta a noi ammortizzare bene il colpo con elasticità, adattarci a lavorare per mercati diversi. Riconvertire la produzione per modularla di volta in volta su mercati nuovi è difficile, a volte impossibile».

Basta la collaborazione con il mondo della moda per dare respiro all’oreficeria made in Italy? «Vorrei poter dire di sì, ma non è affatto così. Sono poche le aziende che riescono a lavorare con le grandi firme. Solo una piccolissima parte di noi orafi può vantare questo tipo di collaborazione. Quello che svolgiamo per il mondo della moda è ancora un lavoro di nicchia. Speriamo in una crescita nel futuro».

La Fiera di Hong Kong
La Fiera di Hong Kong, dedicata alla gioielleria

Oggi si inaugura la Hong Kong Jewellery & Gem Fair, l’evento internazionale più grande del settore orafo. Cosa si aspettano gli orafi italiani e aretini da questa vetrina asiatica?

«La fiera di Hong Kong è la più importante al mondo. Vanta ben tre edizioni all’anno,(a marzo,a giugno e a settembre), e quella che si inaugura oggi è di certo la più importante delle tre. Ha due padiglioni immensi, quello al centro di Hong Kong per la gioielleria e quello nei pressi dell’aeroporto dedicato alle gemme preziose e al packaging. Riunisce ogni anno più di 59mila buyers e quasi 3700 espositori. Sono felice di dire che tra questi, oggi ci sono anche 240 imprenditori italiani, 50 dei quali aretini. Malgrado il mercato cinese sia in sofferenza, non dobbiamo scoraggiarci: Paesi come la Malesia e l’Indonesia sono in crescita e si avvicinano sempre più al made in Italy. Una cosa è certa: la fiera di Hong Kong è una fucina di occasioni, di incontri e business incredibili. Sta a noi saper cogliere queste occasioni e a volte raccogliere qualche sfida imprenditoriale».

Dopo questo importante appuntamento fieristico ci sarà la fiera dell’oro di Mosca e Gold Italy ad Arezzo, quali sono le aspettative degli addetti ai lavori?

«Quello russo è un mercato in crisi. Vive un momento poco felice, basta pensare alla svalutazione della moneta per rendersi conto di cosa comporti. Al momento in Russia non ci sono grandi prospettive di crescita per l’export dell’oro italiano. Anche Paesi come il Kazakistan, mercato in passato molto interessato alla nostra produzione, ora ha subito una battuta di arresto. Poi a fine ottobre ci sarà la nostra Gold Italy, la fiera dell’oro di Arezzo. È piccola, ma non è detto che non ci regali grandi soddisfazioni. Noi di certo siamo fiduciosi».

 

 

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