mindMigliorare l’intelligenza e le funzioni cognitive attraverso la stimolazione cerebrale. Non è fantascienza ma la realtà che vede Siena protagonista di un progetto internazionale in collaborazione con l’Università di Harvard e un’Agenzia di Intelligence americana.  «L’obiettivo dello studio – spiega Alessandro Rossi, direttore del Dipartimento di Scienze Neurologiche e Neurosensoriali dell’AOU Senese  – è di combinare la stimolazione cerebrale non invasiva con un programma di allenamento cognitivo, al fine di acquisire nuove conoscenze riguardo le basi neurofisiologiche dei processi di intelligenza umana e dell’apprendimento». Grazie agli studi portati avanti all’interno del laboratorio senese di Brain Investigation and Neuromodulation, il dottor Emiliano Santarnecchi coordinerà l’attività scientifica di uno dei tre Centri di Ricerca che, con il supporto di un ingente finanziamento rilasciato dalla IARPA – Intelligence Advanced Research Projects Activity, condurranno un progetto triennale per l’applicazione della stimolazione cerebrale non invasiva, al fine di potenziare le abilità di ragionamento logico-astrattivo, la memoria e l’intelligenza fluida. antarnecchi sta quindi coordinando la raccolta dati all’interno del Berenson-Allen Center for Non-Invasive Brain Stimulation della Harvard Medical School di Boston.

Il professor Alessandro Rossi insieme al ricercatore Emiliano Santarnecchi
Il professor Alessandro Rossi insieme al ricercatore Emiliano Santarnecchi

Ecco come si migliora l’intelligenza I partecipanti allo studio sono soggetti a un’estesa valutazione iniziale che include un’analisi dei loro profili cognitivi, una risonanza magnetica funzionale e una elettroencefalografia, seguiti da sessioni giornaliere di allenamento cognitivo con uno specifico software e, contestualmente, da stimolazione elettrica a basso voltaggio tramite elettrodi posizionati sullo scalpo. «Questa stimolazione – aggiunge Santarnecchi – quasi impercettibile per i partecipanti, è in grado di modulare i ritmi cerebrali necessari per la prestazione nei compiti inclusi nell’allenamento computerizzato, dunque amplificando gli effetti dello stesso allenamento la cui difficoltà viene adattata dopo ciascuna sessione alle prestazioni di ogni partecipante». Nella sua prima fase, lo studio è un tentativo di migliorare l’intelligenza fluida in adulti non affetti da alcuna patologia neurologica.

Una speranza per l’Alzheimer, la sclerosi multipla e il morbo di Parkinson «Nei prossimi anni – continua Santarnecchi – il progetto potrebbe  trasferire la conoscenza acquisita anche in campo medico. Il potenziamento cognitivo può diventare uno strumento efficace per rallentare, ad esempio, il declino cognitivo osservato in pazienti con malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, la sclerosi multipla e il morbo di Parkinson». Questo tipo di studio nasce dalla consapevolezza scientifica che le funzioni cognitive e l’intelligenza umana siano distribuite, piuttosto che localizzate in singole aree del cervello. «Abbiamo dimostrato recentemente – conclude Rossi – in uno studio pubblicato nella rivista internazionale ‘Human Brain Mapping’, che le persone con alti livelli di intelligenza mostrano connessioni cerebrali maggiormente flessibili. Il nostro scopo, come università e dipartimento, è di mantenere e accrescere questi risultati e di incoraggiare giovani scienziati che lavorano all’estero a ritornare in Italia».

Articolo precedenteNuovo stadio viola. Il progetto va avanti nonostante i ricorsi al Tar
Articolo successivoPassi artificiali. Le gambe bioniche sono realtà. 11 i volontari che le hanno già testate