FIRENZE – Grande attesa per l’arrivo di Giovanni Sollima nella stagione dell’ORT e in tour in Toscana con una produzione unica che parla della Sicilia, sua terra natale, e della sua famiglia, composta da musicisti e compositori, come il padre Eliodoro Sollima e lo zio del padre Francesco Pulizzi: tre generazioni a confronto, animate sul palco dall’Orchestra della Toscana guidata dallo stesso Sollima al timone del suo violoncello Francesco Ruggeri (Cremona, 1679).

Sollima non è solo un violoncellista di fama internazionale e compositore italiano più eseguito nel mondo: i suoi concerti sono vere e proprie esperienze travolgenti di spettacolo, in cui il violoncello diventa protagonista della stessa performance e Sollima il suo burattinaio visionario. Si diverte a fargli assumere identità differenti fino a stravolgerne la fisionomia, così il suo compagno prende vita, recita, canta, danza, piroetta, volteggia a occhi bendati su una fune sospesa nel vuoto, si sperimenta nei salti mortali. E questo succede allo stesso modo quando Sollima suona pezzi suoi o se si confronta con il repertorio tradizionale. Del resto come potrebbe essere diversamente per uno che ha messo su uno squadrone di cento violoncelli con cui occupare strade e piazze (I Cento Cellos, fondati con Enrico Melozzi nel 2012), o che gira il mondo talvolta in compagnia di un violoncello di ghiacchio?

Giovanni Sollima è un virtuoso del violoncello, sul quale si è formato con severità e costanza anche grazie agli insegnamenti di un maestro leggendario come Antonio Janigro. La fantasmagoria di esperienze musicali da cui è stato fruttuosamente bombardato, dal folk al rock alla world music, ne hanno fatto un musicista che straborda volentieri da confini di generi, collaborando con artisti del calibro di Riccardo Muti, Yo-Yo Ma, Viktoria Mullova, Mario Brunello, Yuri Bashmet, Patti Smith, Stefano Bollani, Paolo Fresu, Elisa, Antonio Albanese (e molti altri).

In questo programma offre il suo concerto per violoncello e orchestra Fecit Neap 17, dove mixa memorie del barocco napoletano ad atmosfere orientali, ma soprattutto rende omaggio all’arte di colui che l’ha svezzato alla musica: suo padre Eliodoro Sollima (scomparso nel 2000), per quasi quarant’anni docente di composizione al Conservatorio di Palermo. Inoltre, restando nella sua Sicilia, presenta un inedito, la sua versione per archi di un Quartetto datato 1908 di Francesco Pulizzi, zio di Eliodoro, compositore marsalese di fine Ottocento riscoperto di recente.

Tre generazioni che il violoncellista e direttore d’orchestra ha recuperato grazie a una circostanza tanto fortuita quanto importante: “Il programma – racconta Sollima – è nato per puro caso da un mio trasloco da Milano a Fiesole. Abito abitualmente a Palermo, e avevo un appoggio nel capoluogo lombardo. Però avevo voglia di ritrovare un rapporto con la natura e mi sono trasferito in Toscana. Durante il trasloco in realtà stavo impacchettando partiture e al tempo stesso mettevo ordine fra i libri. E le scoperte sul piano emozionale sono state molto forti. A esaminare gli spartiti ci ho messo ore, fino a perdere la cognizione del tempo. Leggere e studiare queste pagine ha così originato il programma fatto di vere e proprie chicche, musica che nessuno aveva mai ascoltato. Forse il pubblico ha voglia di conoscere qualcosa di inedito. Ho trovato innanzitutto il ‘Quartetto’ di Francesco Pulizzi, detto zio Cecè, con cui concludo il concerto. Poi ci sono tre pezzi di mio padre e a tutti questi ho aggiunto una mia composizione”.

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